Intervista Paolo Agostinacchio

Paolo Agostinacchio – Ascoli Satriano – Foggia

Il contesto sociale ed economico dell’epoca era caratterizzato da una gravissima crisi del Mezzogiorno d’Italia in generale e di quelle delle zone del Subappennino in particolare che subivano un fenomeno che purtroppo si trasformò in fatto correlato ad una endemica crisi mai risolta, fenomeno dell’esodo, dell’emigrazione. Emigrazione verso il nord, emigrazione verso il Nord Europa, la Germania, anche se in periodo successivi ma comunque che si .................. come “continua” rispetto ad un qualcosa che era ormai indi............  considerato come il rimedio alle problematiche esistenziali.

La terra non dava soddisfazione, il paese non consentiva di poter guardare con speranza al futuro e allora si andava oltre. Si studiava per emigrare, ci si preparava per partire, si abbandonava tutto perché frattanto la crisi era stata acuita anche da una riforma fondiaria errata, anche se nelle premesse accettabile, che aveva impoverito le nostre terre, dell’artigianato e di tante attività connesse ad una economia che ormai era scomparsa senza una alternativa. Si, è vero, non vi erano risposte immediate a dei nuclei familiari e però la crisi era tangibile (??).

Esodo biblico, quindi. Paesi, città come Ascoli Satriano che era un capoluogo di mandamento pretorile, centro diocesano di importanza notevole con una tradizione storica assolutamente rispettabile, bene, Ascoli Satriano si era ridotta (io ricordo la prima volta che fui eletto consigliere comunale) da un paese al di sopra di diecimila abitanti a settemila e poi a seimila abitanti. Cioè, in definitiva, i nostri centri si trasformavano gradualmente in dormitori per anziani, per pensionati, punto e basta.

Questa era la situazione. Noi giovani ci ribellavamo a questo destino. Non si riusciva ancora a capire chiaramente quali alternative potessero essere rappresentate per poter venire fuori dal tunnel della crisi. In pochi pensavano ad uno sviluppo connesso in quel periodo all’agricoltura e ci siamo convinti successivamente che quella era la strada.

Si studiava, ci si confrontava, si parlava, si discuteva, si evidenziava nelle varie riunioni dei consigli comunali, si evidenziavano programmi, linee più o meno strategiche senza alcun ancoraggio alla realtà locale. Ripeto, l’ancoraggio era solo l’agricoltura che pareva in crisi irreversibile.

Quando si è venuti a conoscenza, a sapere che nei nostri territori erano stati rinvenuti giacimenti metaniferi estremamente importanti, e allora ci siamo interrogati: perché dobbiamo solo essere destinatari dei cattivi odori del gas e non ipotizzare uno sviluppo connesso all’utilizzazione in loco di questa energia? Interrogativo che ci ponemmo. Frattanto, mentre noi ci interrogavamo, in località come Ferrandina ed altre zone vicine, qualche risposta era stata data sul problema specifico. E allora, noi studenti, indipendentemente dalle nostre posizioni politiche, tutte rispettabili evidentemente, ci ritrovammo intorno ad un unico problema: utilizzazione in loco del metano.

All’epoca era stata costituita, ricordo, ad Ascoli Satriano una associazione studentesca, io fui uno dei promotori (ne ha parlato Michele Placido in qualche occasione) che cominciò a pubblicare dei foglietti ciclostilati sull’argomento. Io ero consigliere comunale giovanissimo (ma non ero io il solo, anche altri di altri partiti)... cominciai a parlare, a scrivere qualcosa.

Naturalmente la stampa...  c’era una sorta di ... non dico nemmeno “congiura del silenzio”, ma silenzio per sufficienza rispetto a questi movimenti che erano considerati periferici e campanilistici, senza alcuna prospettazione strategica apprezzabile. Parlandone, alla fine ci convincemmo che era necessario anzitutto sensibilizzare la pubblica opinione locale.

Le nostre comunità sembravano “cloroformizzate” e rassegnate al destino dell’allontanarsi o della solitudine per le famiglie rispetto ai figli che si allontanavano. Bisognava cominciare a parlare ai nostri concittadini, a dire: possiamo fare qualcosa che ci consenta di guardare con maggiore ottimismo al futuro.

Ed allora, con il consenso delle amministrazioni comunali, la disponibilità dell’aula consigliare, con la utilizzazione di qualche cinema (allora c’era ancora qualche locale aperto), iniziammo a parlare, a discutere, a spiegare ma soprattutto a far conoscere che era stato troivato questo metano e che cos’era il metano.

Resistenze dappertutto, anche all’interno dei partiti ci fu chi ci redarguì energicamente anche se noi poi con gli atteggiamenti che sono tipici dei giovani (che all’epoca erano molto meno conformisti), mandavamo al quel paese chi la pensava diversamente all’interno o all’esterno del partito.

Ed allora le manifestazioni: prima ad Ascoli, poi ci incontrammo con gli amici di Candela (a Candela) e poi ci incontrammo con gli amici di Deliceto (a Deliceto) e poi in tutte le varie zone interessate.

E quindi, esponenti politici, studenti universitari, società civile, tutti insieme con il vessillo del riscatto. Era questo,  in definitiva, la battaglia del metano; era la battaglia per il riscatto sociale, per una rivendicazione della nostra migliore tradizione e cultura rispetto a chi ci considerava soltanto come serbatoio di manodopera.

Le tappe sono due, molto importanti. Ogni tappa comprende più episodi.

Abbiamo i primissimi anni ’60 e ne fui io il promotore con altri amici. Le prime grandi manifestazioni popolari a Ascoli, a Deliceto e Candela. Poi insieme ci trasferimmo a Foggia e ricordo la bellissima manifestazione in piazza XX Settembre. Nonostante le preoccupazioni delle forze dell’ordine, non accadde nulla perché l’obiettivo era quello di farci sentire, farci conoscere, far apprezzare i nostri intendimenti.

Dopo queste manifestazioni (abbiamo delle foto dove si vede un mio intervento nell’area dei pozzi nella zona “Masseriole” e in altre zone con una partecipazione corale), ci furono da parte dei partiti politici dei tentativi di dare delle risposte per mettere a tacere queste manifestazioni, queste azioni, questi intenti considerati “rivoluzionari”.

Addirittura si scomodarono le più alte personalità della politica che promisero. E addirittura ci fu chi diede anche l’impressione di volere seriamente affrontare il discorso con piani zonali, con il coinvolgimento di Provincia, Regione e di altro... ma insomma... trascorsero degli anni da quelle manifestazioni e non si vide assolutamente nulla...

Devo dire: la genti si era rassegnata, noi eravamo alquanto delusi nonostante avessimo denunciato, io ed altri, il tentativo di superamento con promesse varie ed infondate delle nostre legittime aspettative, trascorsero degli anni e ... nulla.

Senonchè, a fronte del venir meno di tutte  le promesse fatte dopo quelle prime manifestazioni, sorse spontaneamente tra la gente, indipendentemente, quindi ci fu una continuazione ma spontanea questa volta, proprio un moto spontaneo di popolo. Ed io sono felice di avere in un primo momento (con altri), sensibilizzato la gente a questi problemi; ci fu un moto spontaneo di popolo che si concretizzò nell’occupazione delle centrali che durò addirittura mesi, un moto popolare al quale partecipammo da protagonisti a queste iniziative di base (chiamiamole così).

  1. D) Onorevole, ricorda anche quale fù l’atteggiamento della Chiesa in quel periodo?
  2. R) Non vorrei essere impreciso, ma la Chiesa non ci fu ostile, assolutamente non ci fu ostile (almeno in un primo momento), in un secondo momento c’era il popolo che si muoveva come una massa (si era già mosso in precedenza) però nel secondo momento fu ancora più dura la cosa che si concretizzò anche (come dicevo) con l’occupazione non solo dei pozzi metaniferi (come avevamo fatto noi) ma di centrali …

Ma credo che la Chiesa non abbia mai assunto una posizione di ostilità, nemmeno di indifferenza … direi quasi di silenzio complice rispetto a queste istanze che non potevano essere negate.

Quale risposta? Anche questa volta ci fu una risposta, ci furono risposte non soddisfacenti.

“Si, ecco, vi diamo la Cucirini Cantoni… e siamo solo all’inizio…” e alla fine … “Quante persone saranno occupate…? Sono giovani… e già cominciano con qualche centinaia di giovani che non và all’estero, che non và al Nord …. Ed è già un fatto positivo…” E ci fu chi evidenziò, rappresentò la strumentalità di certi comportamenti e anche la provvisorietà di certe soluzioni… ma è chiaro che, come dicevano i romani “Ventiter non patitur dilazionem”, cioè “lo stomaco non soffre dilazioni”… e quindi praticamente c’era bisogno di dare risposte e ci fu un periodo in cui questi giovani restarono ad Ascoli, a Candela, a Deliceto, a Sant’Agata, ad Accadia.

Era bello vedere questa gente, vicino a Palazzo d?Ascoli, a ridosso della contrada “Giarnera”, poteva lavorare. E ci fu chi mise su casa, chi organizzò il proprio futuro con questa attività.

E’ sotto gli occhi di tutti ciò che è accaduto negli anni scorsi.

“Lanerossi” diventa “Foggia Fildaunia” e poi messa in liquidazione con la svendita di macchinari che erano stati acquistati con soldi pubblici. La “Filatura di Foggia Cucirini-Cantoni” messa in liquidazione, con i contentini dell’epoca: cassa integrazione, mobilità… poi chiusa; là ci sono le rovine.

Ha resistito solo qualche struttura in provincia di Foggia, ma altre strutture nate a seguito (“Frigodaunia”, ecc.) … noi abbiamo la nostra zona industriale che è un cimitero di iniziative tutte fallite.

Resiste a Foggia (chi resiste a Foggia?...), resistono strutture: la “Barilla”, resiste “L’Alenia”, resiste la “Sofim” (punto e basta…) senza alcun indotto.

Quindi, questo è il problema gravissimo, ci ritroviamo oggi con una situazione globale cambiata, però a dover registrare che le istanze poste a base delle nostre agitazioni restano, aimè, ancora attuali.

Ho omesso di dire che ci fu anche quella mega struttura … il famoso “mostro” di Manfredonia che fu creato anche in quella occasione proprio per utilizzare le risorse energetiche della provincia di Foggia e poi ha avuto la sorte che ha avuto con un’alternativa del contratto d’area che purtroppo non è stata un’alternativa che si è rivelata utile per la nostra economia.

Comunque, posso concludere dicendo che, ritornando probabilmente mi muoverei allo stesso modo in quel contesto ambientale. Ritornando, però, sulla base delle esperienze attuali, forse l’agitazione la farei con altro scopo: rivoluzioniamo l’agricoltura, creiamo iniziative utilizzando le energie, con questa energia, che facciano parte di una filiera collegata alla materia prima che noi abbiamo a disposizione.

Probabilmente farei questi tipo di battaglia.

E io, negli ultimi anni della mia attività politica mi sono sempre soffermato su queste esigenze, alle volte scontrandomi con altri amici, ma tenendo conto che quelle speranze che noi avevamo, purtroppo sono venute meno anche perché non c’era un tessuto ed una mentalità industriale ma ci trovavamo a che fare con strutture che venivano da altre parti della Penisola con un intento che non era certamente favorevole a noi, ma che poteva, in senso lato, essere ricondotto a intenti (non voglio dire di speculazione), definiamoli: “di profitto”.

Ogni qualvolta nella nostra terra, sulla nostra terra, c’erano stati insediamenti dettati da emergenze (come quelli del terrometo in Basilicata, ad esempio), si vada nella zona industriale di Rionero in Vulture, e si avrà l’impressione plastica, visiva del fallimento di questa iniziativa ma certamente l’arricchimento, di somme ingenti … doveva destinare per il funzionamento di quelle struttura.

Resta una grande battaglia,  sul piano morale,  sul piano della civica sensibilità, sul piano del coagulo che si riesce a fare intorno ad un’idea, indipendentemente dalle posizioni politiche di appartenenza. Quando si ha la consapevolezza di un obiettivo comune di crescita, e forse dovremmo anche in questo periodo pensare per la nostra Capitanata, per il nostro Subappennino, per la nostra città capoluogo, alla necessità di realizzare questo insieme di energie che guardi al futuro prescindendo da clientele, da interessi minimi e pensando all’interesse generale della comunità.