Intervista Angelo Rossi

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Penso che non si possa parlare proprio di movimento spontaneo perché la parte avuta dalle organizzazioni sindacali e politiche è stata determinante, decisiva per lo sviluppo del movimento e diciamo che dopo la scoperta e l’inizio delle trivellazioni, dopo la scoperta dell’esistenza di questa risorsa c’è stato un interesse molto limitato. C’erano delle persone, dei circoli che discutevano, parlavano di questo ma non ancora si era andata sviluppando una rivendicazione come quella che si sviluppò nella primavera-estate ’69. Devo dire questo perché c’era stata da poco la campagna elettorale per le elezioni politiche del 1968, elezioni che segnarono una sconfitta del centro-sinistra e in particolare del Partito Socialista da poco unificatosi con i socialdemocratici e nella campagna elettorale questo tema non fu presente e quindi nacque nel 1969 un po’ in relazione allo sviluppo di quel movimento che si più chiamare “l’autunno caldo”. In Italia “l’autunno caldo” è stata una cosa particolare perché protagonisti dell’autunno caldo sono stati gli operai, il proletariato industriale e nel Mezzogiorno c’è stata questa forte presenza specialmente in Puglia e nella provincia di Foggia. Forte presenza delle rivendicazioni bracciantili, quindi nel ’69 quando si sviluppa questo movimento sono le Camere del Lavoro e le sezioni del Partito Comunista e del Partito Socialista anche (allora c’era anche il PSIUP) ad indicare proprio la linea di sviluppo, cioè quella di una rivendicazione che portasse ad un cambiamento nella realtà del Mezzogiorno con un accento posto sulla industrializzazione. Quindi industrializzazione e utilizzo delle risorse energetiche che erano nel territorio, nuova occupazione: occupazione operaia.
Questo è il tratto che io ricordo. Cominciò ad affermarsi e intorno a questo vi fu appunto un movimento di popolo che unì ceti diversi. La rivendicazione particolarmente si sviluppò nella zona del triangolo metanifero, quindi erano comuni non grandi: Ascoli Satriano era il comune più popoloso dell’epoca, già fortemente colpito dalla emorragia dell’emigrazione e Candela, Rocchetta S. Antonio, Deliceto. Questi comuni che appunto, sono, come dire, non rappresentano una realtà demografica particolarmente consistente. Però il tratto caratteristico fu l’unità delle popolazioni. In questo senso operò il Partito Comunista. Io ricordo che il Partito Comunista che usciva da un congresso molto travagliato, quello del ’68-’69 (a cavallo di quell’inverno) ci furono delle riunioni del comitato direttivo della federazione dove unitariamente si individuò in questa rivendicazione, come dire, un fatto politico nuovo che andava nel senso, appunto, delle riforme. Quindi, non una rivendicazione pura e semplice di “nuovo lavoro” ma una rivendicazione di cambiamento della politica per il Mezzogiorno.


(07:25:00)
Dopo le riunioni del comitato direttivo noi abbiamo fatto (mi ricordo che con Carmeno siamo andati insieme ad Ascoli Satriano e a Candela) e abbiamo fatto delle riunioni dei comitati direttivi. In una riunione a Candela c’erano tutti i comitati direttivi delle sezioni in cui davamo questa indicazione. E in particolar modo devo dire che in questi comuni la presenza di capi naturali che venivano dalle classi popolari che erano i segretari delle Camere del Lavoro, i segretari delle sezioni del Partito Comunista. Ricordo per esempio ad Ascoli c’erano state figure come Vincenzo Giusto, Vincenzo Di Marzio, a Deliceto c’era il segretario della Camera del Lavoro che si chiamava Rinaldi, a Candela e a Rocchetta S. Antonio dove c’era già un dirigente provinciale con la particolare presenza del carissimo compagno Nicola Di Stefano e questa presenza che era in qualche modo organizzata e assumeva un indirizzo, voleva affermare una politica. Insomma non erano delle persone che si ribellavano così, altrimenti avremmo avuto un altro episodio di ribellismo meridionale. Invece quella era politica di riforme, politica meridionalistica, politica di unità. Questa è stata la cosa interessante. Perché questi paesi si sono poi presentati in una grande manifestazione di massa a Foggia.


(09:32:00)

Queste grandi manifestazioni, la Capitanata in quel periodo ne ha avute. Erano manifestazioni di carattere nuove e che appunto si era andato affermando questa capacità del Partito Comunista (e devo sottolineare questo), di creare alleanze. Vedi, non erano soltanto i braccianti, o diciamo, i contadini senza terra. Erano presenti gli studenti in gran massa, tra l’altro molti di questi studenti erano figli di quei contadini, di quei braccianti che all’epoca di Di Vittorio erano analfabeti e non avevano alcuna prospettiva di migliorare anche attraverso lo studio e la conoscenza. Quindi, la presenza degli studenti, molto convinta e molto entusiasta, e la presenza di altri ceti (io ricordo fra l’altro un carissimo amico, Mario Giorgio che è stato anche lui, pur non essendo un uomo di sinistra, è stato partecipe di questo movimento e ne ha scritto anche, in tono un po’ recriminatorio, un po’ nostalgico, tra il nostalgico ed il recriminatorio “Una occasione perduta”).
La verità è che non è che si potesse parlare di una occasione mancata. Diciamo che con quella giornata si presentavano le speranze di una provincia, che chiedeva che finalmente si guardasse in grande all’Italia ed al mezzogiorno. E attraverso questo elemento nuovo di coscienza politica unitaria meridionalistica, ma io oserei dire nazionale, perché l’avvenire, il futuro era nella mente di tutti, era il futuro del paese.


(13:00:00)
L’insegnamento che viene è quello che riguarda l’educazione, la formazione di una coscienza politica. Cioè, dobbiamo ricordarci che sui dati materiali non si costruisce granchè di nuovo e di permanente per un fatto che possiamo qui affermare tranquillamente. I dati materiali cambiano; allora c’era l’idea dell’industrializzazione dovuta allo sfruttamento del metano, successivamente si è parlato dell’eolico e del fotovoltaico. Quindi, diciamo, i dati materiali cambiano e per quel che riguarda l’impegno a costruire delle infrastrutture e delle realtà industriali, cambiano i dati. Allora c’era l’idea della fabbrica; quando si è parlato dello stabilimento di Manfredonia sembrava che si toccasse, diciamo, che si realizzasse un sogno. E non era così, lo sappiamo. Quindi il problema non è quello di discutere sui dati smarriti. Discutere sulla coscienza, sul modo come non delle persone singole, ma come una collettività si pone di fronte ai problemi. E quindi quel dato dà la coscienza politica.
L’insegnamento che viene da quelle giornate, era appunto questa affermazione di una coscienza politica, una coscienza politica unitaria.
Insieme si può costruire, insieme si può trasformare, insieme possiamo andare avanti.
questo è l’insegnamento di quella giornata.


(15:25:00)
La Democrazia Cristiana fu presente perché, come adesso è stato detto, era un partito che aveva molte adesioni, era il partito di maggioranza relativa. Non mi sento di dare una connotazione negativa alla presenza di questo partito. Il partito mediava e fra l’altro mediava tra interessi, diciamo, di gruppi industriali e le esigenze popolari. La mediazione non è necessariamente negativa. E allora, mi ricordo che ci fu un impegno unitario a costruire qualche cosa.
Si ottenne la “Cucirini”, insomma, ma poi diciamolo francamente, non è che questa realtà fosse tanto(…), queste scoperte metanifere riguardanti l’energia del gas naturale fossero così decisive. Questo bisogna dirlo. Se no ci costruiamo dei castelli su fondamenta molto fragili, ecco.
Quindi, la Democrazia Cristiana non portò avanti, non sostenne quello che era, diciamo, l’impegno a costruire qualcosa di grande e di decisivo per la provincia di Foggia. Ma, personaggi citati, avevano un impegno e un interesse per la provincia sia il tanto biasimato Vincenzo Russo che Gustavo De Meo con altri politici parlamentari dei partiti di allora, erano persone che tenevano alla loro provincia, tenevano alla loro città.
La politica mediatoria e diciamo pure quella della conquista di facili adesioni attraverso la promessa di posti di lavoro, quella era una tara del sistema politico, non una tara dei personaggi. E quindi non può essere imputata come un particolare vizio di questo o di quell’altro personaggio. Tutto sommato penso che la classe politica della Capitanata e pugliese, a quell’epoca, svolgesse un ruolo adeguato, pur nella pluralità degli indirizzi, addirittura nella contrapposizione a quelle che erano le esigenze della società.
Per dire, insomma, che poi c’era stata nelle elezioni regionali del 1970 (quindi circa un anno dopo) videro la elezione di diversi rappresentanti che erano proprio della zona del sub-appennino: Nicola Di Stefano, il sottoscritto, il democristiano Gabriele Consiglio, il socialista democratico Grosso, il socialista Romano di Orsara. (Grosso era sindaco di Deliceto all’epoca delle manifestazioni). Quindi, ben cinque rappresentanti di una piccola realtà di poca consistenza demografica, cinque rappresentanti su undici espressi dalla provincia di Foggia venivano da queste zone. Per dire, perché in effetti vi era stata una attenzione che aveva suscitato una adesione sentita e quindi c’erano state queste indicazioni che rispecchiavano una volontà popolare.